La Meridiana di S. Jackson

All’interno delle mura di villa Halloran l’improvvisa morte dell’unigenito ha appena consegnato il potere familiare nella mani di Mrs. Halloran, la madre del defunto, la quale si appresta a esercitarlo progettando di liberarsi di tutti i vincoli creati all’interno della casa per poter vivere in una quieta solitudine. Interviene, però, un evento sovrannaturale a chiamare all’azione Mrs. Halloran, rivelandole un’aspirazione superiore: quella della creatice di mondi.

Sua cognata, la vecchia zitella Zia Fanny, ha appena ricevuto comunicazione dallo spirito del defunto padre che il mondo sta per cessare e solo chi si barricherà dentro Villa Halloran, l’eccentrica casa da lui stesso costruita in vita, verrà salvato grazie alla sua intercessione. Non è un caso che a frapporsi tra l’incolumità della villa e la fine del mondo sia proprio l’originario Mr. Hallorn, un uomo che ha calpestato chiunque pur di plasmare la sua idea di mondo in una bizzarria architettonica che avrebbe dovuto elevare e separare il suo retaggio da quello di chiunque altro. L’odierna Mrs Halloran, per quanto non biologicamente parente, ne è l’erede naturale: anch’essa non si fa scrupoli nel piegare al suo volere, eliminandone in primis la dignità, gli abitanti della casa (familiari e “cortigiani”) nell’intenzione di farne materiale facile a plasmarsi a sua discrezione in previsione della venuta di un nuovo mondo a seguito della fine dell’attuale.

La conclusione escatologica del genere umano rende villa Halloran una casa di bambole con cui Mrs Halloran è l’unica bambina capricciosa deputata a giocare. Altri personaggi vorrebbero privarla di tale controllo sulle loro vite (e alcuni di essi, di fatti, imitano la protagonista possedendo una loro personale casa di bambole), ma non hanno la forza e, forse, il desiderio di esercitare tale potere, in quanto ne temono la solitudine che comporterebbe. Infatti nessuno di essi compie mai gesti di ribellioni concreti per opporsi alla tirannnia di Mr. Halloran.

A tutto ciò il lettore assiste mentre ci si avvicina sempre più alla fine del mondo, incerto se sia un destino comune o solo una follia collettiva della casa, evocata per poter giustificare agli occhi degli abitanti la loro stessa passività e solitudine. In perenne attesa, sembra che non ci sia modo per loro di sbloccare la situazione: l’unica a offrire soluzioni concrete opposte a quelle indicate dalla tiranna è la sua diretta erede, sua nipote: la piccola Fancy (bambina-adulto fra adulti-bambini) è, infatti, l’unica a parlare chiaramente dei temi che turbano gli abitanti della villa (morte, potere e identità), ma proprio le sue espressioni dirette derubricheranno la verità a sciocchezze di bambina.

Intanto nei salotti e nelle stanze i dialoghi tra i protagonisti restituiscono una commedia di corte dove espressioni surreali e umoristiche sono affermate con una serietà tale che rende ogni dichiarazione alienante, ma, al tempo stesso, anche il testo piacevole e scorrevole alla lettura.